Le agevolazioni sulla prima casa, la cedolare secca sugli affitti, il bonus dei cento euro, flat tax per gli autonomi e il grande campo recintato delle esenzioni a favore degli agricoltori, dei costruttori, degli armatori dovrebbero essere rivisti al ribasso, sostituiti con trasferimenti finanziari quando ne venga riconosciuta la valenza economica o sociale, o eliminati del tutto. E’ la convinzione espressa nell'autorevole contributo alle scelte del governo e del parlamento che sta per essere presentato da un gruppo di studiosi del Cnel composto dagli esperti Massimo Baldini, Silvia Giannini, Paolo Liberati, Ruggero Paladini, Simone Pellegrino e coordinato da Vieri Ceriani, autore del primo rapporto sull’erosione fiscale datato ormai novembre 2011. Il governo si appresta a varare la legge-delega della riforma fiscale. Ma è ormai convinzione diffusa che qualsiasi proposta di revisione del sistema tributario debba essere accompagnata da una profonda ristrutturazione delle centinaia di agevolazioni fiscali che ne hanno stravolto equità, efficienza e obiettivi.
Il nuovo studio della Commisssione fiscale del Cnel suggerisce le misure da prendere per vaccinare Parlamento ed esecutivo dall’idea che per tirare su voti non ci sia niente di meglio di un bello sconto fiscale. Il vantaggio politico è evidente, sull’immediato non appesantisce le spese e i danni emergono dai conti pubblici dopo anni, finendo nel calderone delle responsabilità indistinte per il consolidato debito "monstre", che sta crescendo ancora a dismisura. Ma per il gettito erariale è una immediata, costante e copiosa emorragia di risorse in molti casi come si evince dal documento, ingiustificabile.
Nel nostro sistema, secondo il Rapporto annuale sulle spese fiscali 2020, si contano 602 provvedimenti agevolativi, per un impegno finanziario, sottostimato, che supera i 68 miliardi di euro. Per molti provvedimenti le quantificazioni non sono possibili a causa della mancanza di informazioni e dati. Tra queste agevolazioni, l’Irpef compare in più di 230 provvedimenti, per un minor gettito complessivo pari a circa 47 miliardi di euro. Ma non sono solo finanziarie le conseguenze per l’Erario.
Questa proliferazione di norme agevolative, si legge nello studio Cnel in via di gestazione, ha contribuito alla costruzione di un sistema tributario nel quale “alle modalità ordinarie di imposizione si è affiancato un sistema parallelo di eccezioni ed esenzioni, con esiti discutibili in termini di equità orizzontale e verticale delle diverse forme di prelievo, come più evidente – ad esempio – nel caso dell’Irpef con la famosa “gobba” delle aliquote marginali; ma anche in termini di coerenza della struttura stessa del prelievo, come nel caso dell’Iva, dell’Ires e dell’Irap”. La proliferazione delle spese fiscali ha contribuito nel tempo ad accrescere la complessità del sistema di prelievo, in particolare dell’Irpef. Rimediare alle distorsioni indotte da questa proliferazione delle agevolazioni fiscali non è compito facile e sul piano politico probabilmente è anche un ‘impresa disperata, specie se si vanno a toccare i nervi sensibili degli interessi consolidati.
Per rispondere a questo cambio di paradigma “sarebbe opportuno procedere assumendo come ideale punto di riferimento la completa eliminazione delle agevolazioni fiscali” e trasferire l’onere del sostegno al reddito sul versante sicuramente più efficiente della spesa pubblica, dei trasferimenti diretti e dell’erogazione dei servizi. Al netto dei buoni propositi il documento della Commissione avanza alcune proposte settoriali, tra le quali una generale revisione dell’imposizione dei redditi delle imprese agricole che andrebbe uniformato, secondo gli estensori, il più possibile a quello delle altre imprese. Agevolazioni illogiche o superate, misure micro-settoriali, effetti finanziari modesti, gravi violazioni dei principi di capacità contributiva, “legalizzazione” dell’evasione dei redditi, sono i difetti più eclatanti tra quelli segnalati. E veniamo al capitolo casa.
L’esenzione Irpef dell’abitazione principale si accompagna oggi all’esenzione da Imu. Una delle due andrebbe soppressa, si sottolinea nello studio. il cumulo di esenzioni e sussidi a favore dell’abitazione principale si ritiene veramente eccessivo e costituisce un unicum a livello internazionale. Ma verrà probabilmente rafforzato nei prossimi anni se avranno seguito le iniziative previste dal Pnrr per favorire l’acquisizione di “prime case” da parte dei giovani.
La detrazione su compensi fino a 1.000 euro pagati agli intermediari per l’acquisto dell’abitazione principale “non ha avuto gli effetti sperati”. Con la detrazione dei canoni di locazione per l’abitazione principale si è inteso rispristinare condizioni di equità rispetto all’esenzione dell’abitazione principale occupata dal proprietario “ma tende a farlo in modo parziale”. Sarebbe comunque possibile sostituire questa misura – suggerisce la Commissione - spesso affetta da incapienza, con misure di welfare di sostegno alle famiglie meno abbienti.
La cedolare secca sulle locazioni di abitazioni è stata successivamente estesa a quelle brevi, agli affitti di negozi e botteghe, con aliquota del 21 per cento, ridotta al 10 per cento nel caso di locazione di abitazioni a canone concordato (nei comuni ad alta tensione abitativa). L’aliquota del 10% si applica anche in comuni colpiti da calamità naturali. “Queste misure sono una delle più importanti forme di erosione dell’Irpef – spiega lo studio - giustificate come fattore di emersione di imponibili evasi. Tuttavia l’esame dell’evoluzione storica ha evidenziato che la crescita dei contratti di locazione registrati non ha subito un’accelerazione dopo l’introduzione della cedolare secca, ha semmai seguito il trend di lungo periodo. Contemporaneamente, il calo dell’imposta sui contratti già registrati ha prodotto una cospicua perdita di gettito: circa 2,5 miliardi di euro.
Le agevolazioni riferibili al lavoro autonomo sono dominate dalla nuova “flat tax” al 15% fino a ricavi di 65mila euro. La perdita di gettito stimata è di 1.45 miliardi all’anno. Il limite di 65mila euro “appare eccessivo perché riconduce a questo regime una quota estremamente elevata del totale dei lavoratori indipendenti e quindi tradisce l’intento originario di fungere da agevolazione solo per la parte marginale e più fragile di questo insieme”.
Nel mirino delle analisi del gruppo Cnel anche Il super-ammortamento e l’iper-ammortamento concesso per l’acquisto di beni strumentali alle imprese industriali “che dovrebbero comunque avere valenza temporanea, collegata al raggiungimento degli obiettivi” e il bonus di 100 euro al mese per dipendenti con reddito complessivo fino a 28000 euro con annessa l’ulteriore detrazione da lavoro dipendente ad esso associata. Il bonus erogato dal governo Renzi “provoca rilevanti effetti distorsivi sul profilo dell’aliquota marginale effettiva. La sua revisione dovrà essere uno dei punti centrali di ogni intervento di riforma complessiva dell’Irpef, la quale però dovrà anche tenere conto che oggi consente la trasformazione dell’Irpef in una imposta negativa per circa due milioni di contribuenti a basso reddito” suggeriscono gli esperti fiscalisti del Cnel.
Le spese sanitarie usufruiscono di una agevolazione fiscale nella forma di detrazione del 19% con franchigia di 129,11 euro. L’agevolazione è giustificabile sotto diversi profili: si tratta di spese necessarie per la tutela della salute che incidono sulla capacità contributiva e di spese “meritorie” in quanto la salvaguardia della salute è un bene pubblico ed è tutelata dalla Costituzione (art. 32). Va inoltre ricordato che il SSN non sempre consente la tempestiva erogazione delle prestazioni (liste di attesa), né copre tutte le prestazioni (si pensi alle spese odontoiatriche).
Il fatto che l’agevolazione sia nella forma di detrazione pone tuttavia problemi di equità, in caso di incapienza. Il costo della misura è elevato (circa 3,6 miliardi) e riguarda un numero di beneficiari superiore a 19 milioni.
Più discutibili sono le agevolazioni previste per alcuni fondi e società che garantiscono prestazioni sanitarie integrative e/o sostitutive del SSN ai contraenti e ai loro familiari e che assumono la forma di:
- deduzione dei contributi versati dal datore di lavoro e dal lavoratore, con limite di 3.615,20 euro, per fondi integrativi del SSN,
- detrazione al 19%, con un massimo di 1300 euro, dei contributi associativi versati dai soci delle società di mutuo soccorso .
A parte la discutibile difformità di agevolazione (deduzione, nel primo caso e detrazione, nel secondo), a cui si affianca l’assenza di agevolazioni nel caso di assicurazioni sanitarie private, va ricordato che esiste un’altra importante agevolazione, probabilmente inclusa nella tra le misure di welfare aziendale. Infatti, ai sensi dell’art. 51, c.2 lett. a) TUIR, non concorrono a formare il reddito da lavoro dipendente i contributi versati dal datore di lavoro e dal lavoratore, sempre con un tetto massimo complessivo di 3.615,20 euro, a enti o casse aventi esclusivamente fine assistenziale in conformità a disposizioni di contratto o di accordo o di regolamento aziendale, che operino negli ambiti di intervento stabiliti con il decreto del Ministro della salute di cui all'articolo 10, comma 1, lettera e-ter). Questa agevolazione rientra, ed è tra le più importanti, tra le agevolazioni che riguardano il welfare aziendale.
Tutte le agevolazioni ricordate sottraggono risorse al SSN e rischiano di segmentare l’offerta sanitaria, creando disparità di accesso e trattamento in contraddizione con lo spirito di un servizio sanitario universale.
“Sarebbe pertanto da valutare l’opportunità – conclude il rapporto - di mantenere queste agevolazioni, ferma restando comunque, in caso di abolizione, la detrazione al 19% delle spese sanitarie sostenute, anche se rimborsate dai rispettivi fondi, società mutualistiche o assicurazioni.
Più in generale, sarebbe necessario un approfondimento su tutte le spese fiscali che rientrano nel cosiddetto welfare aziendale che, se da un lato sono molto apprezzate dai beneficiari e concorrono a garantire una crescita sostenibile, estendendo l’offerta di servizi efficienti ed efficaci per il sostegno familiare in campi fondamentali del benessere, dall’altro creano inevitabilmente difformità di trattamento che generano nuove fonti di iniquità, per i soggetti esclusi, in particolare quando i servizi offerti sono sostitutivi e non meramente integrativi degli interventi di welfare statale”.
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