Il primo dicembre l’Ecofin ha raggiunto un accordo sulla direttiva Dac7, la proposta della Commissione Ue che estende dal 2023 lo scambio automatico di informazioni tra gli Stati membri anche alle piattaforme digitali come Google, Amazon, Facebook, Uber e Airbnb. L’adozione formale seguirà una volta che il Parlamento europeo e il Comitato economico e sociale europeo avranno espresso il loro parere. La direttiva imporrà alle piattaforme l’obbligo di rendicontare i ricavi incassati dai venditori di beni e servizi che le utilizzano per i loro scambi. La Dac7 punta a garantire in questo modo che coloro che guadagnano attraverso la vendita di beni o servizi sulle piattaforme paghino le imposte dovute.
Dal 1° gennaio 2022 le piattaforme situate all’esterno dell’Ue dovranno registrarsi in uno stato membro e dovranno inviare le informazioni a quest’ultimo (che le condividerà con gli altri stati membri).
Le informazioni da raccogliere includeranno le generalità dei venditori, incluso il codice fiscale o il numero di partita Iva, oltre ai dettagli degli importi pagati in ogni trimestre. I venditori che si occupano di locazione di beni immobili saranno tenuti a fornire anche i dettagli sulle proprietà affittate.
La direttiva prevede anche sanzioni graduali in caso di mancato rispetto delle regole da parte delle piattaforme, fino alla sanzione massima che prevede la sospensione di accesso al mercato.
Le nuove regole dovrebbero migliorare anche lo scambio di informazioni e la cooperazione tra le autorità fiscali degli Stati membri. Ad esempio, diventerà più facile ottenere informazioni sui gruppi di contribuenti e saranno migliorate le regole per effettuare controlli simultanei e per consentire ai funzionari di essere presenti in un altro Stato membro durante un’indagine. Le nuove regole forniscono anche un quadro per le autorità competenti di due o più Stati membri per condurre audit congiunti.
Questo quadro sarà operativo in tutti gli Stati membri a partire dal 2024 al più tardi.
Dalla sua adozione, la direttiva originale 2011/16 / UE è stata modificata sei volte, per includere informazioni sui conti finanziari, sui ruling fiscali e sugli accordi preventivi sui prezzi, sulle relazioni paese per paese, sulla titolarità effettiva, sugli accordi transfrontalieri soggetti a comunicazione e ora su piattaforme digitali.
Infine, nei piani della Commissione europea c’è un aggiornamento ulteriore della Dac nel 2021 per ampliare il campo di applicazione della direttiva, con l’intenzione di allargare lo scambio automatico alle criptovalute e alla moneta elettronica.
La proposta DAC7 non copre le questioni relative alla tassazione digitale (web tax) discussa a livello Ocse. “Senza un’intesa in sede di Ocse-G20 entro la prima metà dell’anno prossimo, la Ue metterà sul tavolo una sua proposta sulla web tax” ha fatto sapere il commissario Paolo Gentiloni, durante un’audizione alla Camera tre settimane fa.
Nella situazione italiana la direttiva può incidere significativamente nel ridurre il fenomeno dell’evasione e dell’elusione fiscale? Poco ma è comunque un passo in avanti. Prima di tutto la direttiva va in vigore dal 2023. In secondo luogo sembra prevedere solo la comunicazione trimestrale dei ricavi fatturati tramite piattaforme esterne, al netto dell’Iva.
In terzo luogo darebbe solo a un’informazione complessiva, trimestrale, anche nei casi in cui sia stata emessa (perché richiesta) la fattura. Quindi ci sarebbero sovrapposizioni con la fatturazione elettronica non distinguibili a livello di singola operazione, senza contare l’attendibilità di informazioni fornite dalle piattaforme online. Nelle proposte Nens sarebbero le banche che fanno da intermediarie per informazioni e pagamento (Iva compresa).
Più di tutto: avere lo split payment dell’Iva sui pagamenti elettronici, compresi quelli online, è molto meglio che tracciare i pagamenti o, peggio, come in questo caso, il totale dei pagamenti.
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