Governo Draghi: Visco, sulla lotta all'evasione la maggioranza non c’è

Febbraio 2021

Intervista a Il Mattino

di Nando Santonastaso

Professor Visco, lei era ministro delle Finanze quando Mario Draghi era Direttore generale al Tesoro: di recente ha detto che non è un conservatore, ma cosa vuol dire esattamente?

Che non si può facilmente classificare da un punto di vista politico – risponde Vincenzo Visco, economista, più volte ministro delle Finanze e del Tesoro – Ha sempre sottolineato questa sua natura di tecnico, evitando in modo categorico di collocarsi in questo o quello schieramento. Non lo ha mai considerato utile o necessario, evidentemente.

Si dice che il premier incaricato vorrebbe ridurre ristori e sussidi e prolungare l’anno scolastico fino al 30 giugno: fa bene?

Intanto l’ipotesi di prolungare l’anno scolastico era già stata proposta dal ministro uscente, segno che di fronte a ragionamenti di buon senso non si può che seguire la stessa linea. Quanto ai ristori, è ragionevole ridurli nel tempo anche se in questa fase restano decisivi, specie per i settori del tempo libero che sono stati azzerati dalla pandemia. Certo, in quest’ultimo anno ci sono state anche misure come gli incentivi sui monopattini che sembravano rispondere più a richieste di deputati e senatori che a reali esigenze di politica economica. Ma se la recessione, pur durissima, in Italia è stata inferiore a quella di altri paesi europei vuol dire che quei sussidi sono serviti. E penso che Draghi sia d’accordo a non abbandonarli subito.

Ma il Pnrr dovrà essere riscritto daccapo, come dice qualcuno?

Assolutamente no. Draghi ha due priorità assolute: il Recovery plan e la pandemia, intesa quest’ultima come accelerazione del piano per le vaccinazioni da cui dipendono i tempi della ripresa economica del paese. Di sicuro, me lo faccia dire, finora la gestione dell’emergenza sanitaria è stata una delle migliori in Europa. Quanto al Recovery, che è stato comunque migliorato grazie anche al contributo di Italia viva, bisogna rendere più puntuali gli obiettivi ed evidenziare i risultati che ci si aspetta e su cui l’Europa chiede giustamente maggiori certezze.

Ma lei pensa che rimarrà la centralità del Mezzogiorno nel nuovo Pnrr?

Non c’è alcun dubbio che la Lega e gli altri partiti più incardinati al Nord non vedano di buon occhio una maggiore attenzione per il Mezzogiorno. È accaduto negli ultimi vent’anni con tutte le maggioranze di centrodestra che hanno penalizzato, abbastanza consapevolmente, il Sud. Il fatto che nell’ultimo anno ci sia stata un’inversione, giusta e doverosa nell’interesse di tutto il paese, può aver creato qualche problema ma non mi sembrava che nel Pnrr ci fosse poi tutto questo squilibrio a favore del Mezzogiorno.

Riforme: Draghi partirà veramente da quella del fisco, tema su cui lei si è speso moltissimo da ministro, non senza critiche? 

Intanto Draghi ha sempre avuto sensibilità sociale. Ma è evidente che sul nodo della tassazione fiscale, la Lega e in parte Forza Italia hanno posizioni del tutto incompatibili con quelle della sinistra e della stessa Ue. Nelle prescrizioni annuali in materia fiscale, Bruxelles ha sempre chiesto all’Italia di ridurre l’evasione, di riequilibrare il prelievo troppo pesante sul lavoro, di ripensare alla tassazione della prima casa e di riformare il catasto. Tutto l’opposto, cioè, di quello che praticavano i governi di destra ma anche di ciò che, a proposito del catasto, fece Renzi accantonando la riforma. Io penso che sarà inevitabile uscire dalla pandemia con un aumento delle spese correnti per sanità, istruzione, trasporti ma avendo già un sistema di tassazione piuttosto pesante non c’è altra via che recuperare gettito dall’evasione. E qui ci vuole una terapia d’urto, sapendo che il problema non è tecnico ma sempre politico: e su questo punto la maggioranza non c’è.

Nel senso che è troppo ampia?

Non c’è dubbio. I primi tre mesi del governo Monti furono accompagnati da votazioni unanimi sulle stangate necessarie ad evitare il crack economico-finanziario del paese. Dal quarto mese arrivarono i primi distinguo. Draghi sa benissimo dov’è capitato e conosce gli argomenti divisivi della maggioranza: se andrà avanti, anche se su alcuni provvedimenti qualcuno voterà contro, potrà anche durare ma sarà comunque sempre molto faticoso.

Il lavoro resta la vera emergenza del paese. Prorogare il blocco dei licenziamenti è indispensabile?

I sindacati dicono di sì, totalmente, altri parlano di distinguere tra settori. Molto dipenderà dalla vaccinazione: se ci fossero segnali di ripresa importanti, sarebbe opportuno applicare a mio giudizio tutti e due gli approcci. La proroga per un periodo e la distinzione tra settori successivamente.

Draghi deve durare per tutta la legislatura?

Questo è un governo che potenzialmente può arrivare fino al 2023. Ma molto dipenderà dall’evoluzione del quadro politico: il trasformismo, l’ennesimo, di Salvini in chiave europea, i fronti interni così divisi nel Pd, il futuro dell’alleanza tra 5 Stelle, Pd e LeU, le incognite su ciò che faranno al centro Berlusconi, Renzi, Calenda e Bonino. È iniziata cioè una fase di ristrutturazione politica che coinvolge destra, centro e sinistra e tutto questo condizionerà la durata del governo.

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