Il Governo ha presentato il decreto delegato che regola il cosiddetto concordato preventivo per i contribuenti con redditi di lavoro indipendente. L’adesione alla proposta avanzata dall’amministrazione a ciascun contribuente è volontaria. Ciò fa pensare che la proposta, per essere accettata dai contribuenti, dovrà essere non molto incisiva, come del resto sembra confermare la previsione di maggior gettito di 760 milioni nel biennio. Per questi motivi, molti osservatori hanno definito l’ipotesi come un condono preventivo, piuttosto che un intervento di contrasto all’evasione. Tuttavia, qui emerge un elemento di contraddizione, in quanto le norme delegate, oltre alla richiesta di ulteriori informazioni a ciascun contribuente, prevedono che la proposta venga elaborata sulla base di tutte le banche dati disponibili presso l’amministrazione o all’interno del settore pubblico. Ma se questo approccio venisse adottato in modo sistematico, generalizzato e tecnicamente adeguato, esso sarebbe in grado di risolvere in tempi ragionevolmente brevi il problema dell’evasione fiscale di massa nel nostro Paese. In questo caso, il Governo meriterebbe plauso e consenso.
Vediamo. I contribuenti interessati sono oggi i principali responsabili dell’evasione fiscale. Secondo i dati ufficiali presentati da ormai molti anni dai nostri Governi, i lavoratori indipendenti (professionisti, artigiani, commercianti, piccole imprese, società di persone, ecc.) evadono in media il 70% dei loro redditi e fatturati: invece di dichiarare 100, si limitano a dichiarare 30. Tuttavia le banche dati disponibili sarebbero in grado di ricostruire con buona approssimazione, se non precisione assoluta, la vera capacità contributiva di ciascuno incrociando, collegando ed elaborando in modo razionale, secondo procedure logiche e trasparenti, le informazioni disponibili che riguardano l’attività svolta, le fatture emesse e ricevute, gli acquisti, il numero dei dipendenti, il magazzino, i conti finanziari in Italia e all’estero, le attività possedute (azioni, obbligazioni, depositi, partecipazioni…), i beni durevoli più rilevanti, i valori assicurati, i soggiorni in albergo, i viaggi, ecc. In sostanza, se si vuole, l’evasione potrebbe essere radicalmente ridotta seguendo un approccio analitico-induttivo difficilmente contestabile, i cui risultati dovrebbero essere sottoposti al singolo contribuente, e in caso di mancata adesione portare ad accertamenti fondati su basi molto solide. E’ questo che s’intende fare? E’ lecito dubitarne, anche perché l’ipotesi viene limitata dal Governo, oltre che ai forfettari, ai soggetti che già oggi risultano più corretti. Ma se le basi dati venissero utilizzate seriamente, in modo generalizzato e senza approssimazioni e manipolazioni, il risultato che sarebbe lecito attendersi sarebbe molto consistente di quello ipotizzato.
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