Visco: monitoraggio margini di guadagno arma utile per sconfiggere evasione di massa

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Settembre 2024

Negli ultimi anni mi sono molto impegnato a spiegare come il contrasto all’evasione dell’Iva fosse essenziale e prioritario, dato che essa rappresenta il presupposto contabile (e logico) della successiva evasione delle imposte sui redditi.
In tale contesto ho fortemente promosso e sostenuto misure come lo split payment, il reverse charge, e la fatturazione elettronica generalizzata, misure che in effetti sono state progressivamente adottate e confermate da governi successivi anche di colore diverso.
I risultati non si sono fatti attendere. In effetti, al di là delle chiacchiere, prive di ogni fondamento, con cui i Governi (tutti) si sono vantati del recupero di 10-15 miliardi di evasione ogni anno, e che in realtà riflettono semplicemente la normale attività gestionale degli uffici, una riduzione strutturale dell’evasione emerge dall’unico indicatore valido a questo proposito, e cioè dalle stime contenute nella Relazione sull’economia non osservata e sull’evasione fiscale elaborate da una apposita Commissione e rese pubbliche annualmente, e dalle quali risulta che nel periodo 2018-2021 l’evasione dell’Iva si sarebbe pressoché dimezzata passando dal 26,2% al 13,8 per cento.
Il risultato è di dimensioni tali da richiedere non solo cautela, ma anche una valutazione critica.
Il primo punto che va sottolineato è che nelle stime della relazione non è compresa l’evasione attribuibile ai contribuenti passati al regime forfettario che rappresentano ormai il 50% del totale che, pur non essendo tenuti a versare l’Iva, sicuramente continuano a non fatturare correttamente i loro ricavi e relativi costi. Del resto, non è difficile capire che il modo più semplice per diminuire l’evasione nelle statistiche è quello di decidere per legge che il comportamento deviante di alcuni contribuenti non rappresenti più un fatto illecito. E personalmente non ritengo credibile che tali contribuenti non inclusi nelle statistiche possano essere ritenuti responsabili soltanto di un paio di miliardi di evasione Iva aggiuntiva, come pure è stato autorevolmente sostenuto. Devono essere parecchi di più; quindi, il recupero di evasione effettivo è stato inferiore a quello che ci mostrano le statistiche ufficiali, anche se esso rimane molto elevato. L’altro aspetto rilevante consiste nel fatto che, contrariamente a quanto sarebbe stato lecito attendersi, alla riduzione dell’evasione Iva non corrisponde una analoga diminuzione dell’evasione delle imposte sui redditi. L’evasione Irpef infatti rimane invariata, mentre si assiste ad una riduzione non trascurabile, ma limitata, dell’evasione Ires, quasi che il gettito Iva recuperato fosse avvenuto solo a carico delle società di capitale. Tuttavia, questa anomalia può spiegarsi se si tiene presente che esiste per l’Iva una modalità specifica di evasione, l’evasione “da aliquote” (esaminata in un rapporto Nens del 2021) che, soprattutto negli scambi intermedi, può manifestarsi insieme a quella tradizionale “da ricavi”. Un semplice esempio può servire a spiegare di cosa si tratta. Ipotizziamo un contribuente (una srl che opera con altri soggetti Iva) che fattura 200 con costi 100, e quindi con un rapporto tra ricavi e costi (mark up) di 2, I ricavi derivano per 150 da vendite con aliquota del 22% e per 50 da vendite al 10 per cento. Gli acquisti avvengono per 75 al 22% e per 25 al 10 per cento. Ne deriva che il gettito, in assenza di evasione, sarebbe di 19, e le aliquote medie sugli acquisti e sulle vendite risulterebbero ambedue del 19 per cento. Prima della fatturazione elettronica il nostro contribuente poteva decidere di evadere fatturando regolarmente il dovuto, ma dichiarando di meno al fisco. A fini prudenziali, tuttavia, avrebbe dovuto (cercare di) mantenere un livello di mark up adeguato in modo da non suscitare l’attenzione del fisco. Per esempio, avrebbe potuto non dichiarare 50 delle 200 di cessioni e 25 dei 100 di acquisti. Il rapporto vendite/acquisti sarebbe rimasto costante (150/75=2). Se l’evasione avesse riguardato in modo proporzionale sia le vendite che gli acquisti, indipendentemente dalle aliquote, essa sarebbe risultata pari a ¼ del gettito teorico di 19, e cioè a 4,75 che avrebbe sempre rappresentato il 19% della nuova base imponibile. Si sarebbe trattato quindi solo di evasione di ricavi, rimanendo eguali (19%) le aliquote effettive e quelle dichiarate. A quella Iva si sarebbe aggiunta un’evasione Ires pari al 24% dei ricavi non dichiarati, 25, e quindi di 6.
Ma se il contribuente avesse adottato un comportamento “strategico”, omettendo di dichiarare 50 di cessioni tassate al 22%, e 25 di acquisti al 10%, il risultato non sarebbe mutato per quanto riguarda l’evasione dei ricavi e dell’Ires, che sarebbe rimasta pari a 6, né il mark up, che sarebbe rimasto 2, ma sarebbe cambiata considerevolmente l’entità dell’evasione dell’Iva che da 4,75 sarebbe salita a 8,5 (l’80% in più). Emerge così una specifica “evasione da aliquote” in grado di quasi raddoppiare una semplice evasione da ricavi.
L’introduzione della fatturazione elettronica ha reso impossibile l’evasione sugli scambi intermedi, sia quella da ricavi che da aliquote, e ha vanificato così la possibilità di fatturare regolarmente e poi non dichiarare in tutto o in parte, appropriandosi di una parte dell’Iva incassata che si sarebbe dovuto versare allo Stato. Ecco così spiegata l’incongruenza apparente tra i dati relativi all’evasione dell’Iva e quelli, molto inferiori, delle imposte sui redditi. Ma la fatturazione elettronica ha conseguenze anche per i contribuenti che operano al consumo finale. Infatti, non sarebbe più possibile per questi contribuenti dichiarare minori ricavi detraendo al tempo stesso minori costi per mantenere margini credibili, comportamento oggi generalizzato. O decidono di aumentare i ricavi dichiarati, o sono costretti ad esibire mark up più bassi che il fisco potrebbe agevolmente verificare. Vista la mancata riduzione dell’evasione dell’Irpef, è probabile che questo sia stato il comportamento prescelto. La verifica dell’andamento dei margini di guadagno nel corso del tempo dovrebbe quindi essere l’impegno prioritario dell’amministrazione finanziaria per i prossimi anni. In sostanza, se l’analisi che precede risulterà confermata da indagini più precise e specifiche, e se gli interventi effettuati risultassero coerenti con essa, la questione dell’evasione di massa nel nostro Paese potrebbe effettivamente essere avviata verso la soluzione. In tempi di ristrettezze finanziarie, come quelli attuali, trascurare questa possibilità sarebbe fortemente autolesionistico.

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