Riforma Irpef: sei aliquote effettive per i dipendenti aumenta l'iniquità del sistema

Novembre 2024

Per il 2025 la legge di bilancio conferma e stabilizza i tre scaglioni formali, ma per quanto riguarda i lavoratori dipendenti, introduce una modifica nella struttura delle detrazioni che porta a sei gli scaglioni effettivi con aliquote marginali per i ceti medi (tra 28mila e 50mila euro).

L’obiettivo principale della strategia fiscale iniziale del Governo Meloni era la Flat Tax, l’aliquota unica Irpef per tutti i contribuenti. Per questo motivo, lo scorso anno il Governo eliminò l’aliquota del 25% tra 15mila e 28mila euro, estendendo al tempo stesso il limite del primo scaglione da 15mila a 28mila euro. Questo intervento fu presentato come un primo passo di avvicinamento graduale all’obiettivo dell’aliquota unica. In verità, a causa delle detrazioni decrescenti, le aliquote effettive erano quattro per tutte le categorie di contribuenti: lavoratori dipendenti, pensionati e autonomi. Inoltre, al di là del numero, le aliquote erano sostanzialmente diverse per le varie categorie, configurando in realtà tre diverse imposte sul reddito. Infatti, in presenza di detrazioni decrescenti, man mano che il reddito cresce la detrazione prevista si riduce, e quindi l’aliquota marginale effettiva aumenta superando quella formale.

In virtù di questo meccanismo, inoltre, i contribuenti con detrazioni più alte (i dipendenti) subiscono aliquote marginali effettive più elevate di chi beneficia di detrazioni più basse (pensionati ed autonomi). Solo dopo i 50mila euro si torna alle tre aliquote (23-35-43) per il 6% circa dei contribuenti, superiori all’aliquota massima del 43%.

Gli scaglioni effettivi risultano infatti essere: 0 – 15.000 euro – 23%; 15.001 – 28.000 euro – 32,15%; 28.001 – 32.000 euro – 40,41%; 32.001 – 40.000 euro – 56,18%; 40.001 – 50.000 euro – 43,68%; Oltre 50.000 euro – 43%. Notevole appare l’aliquota del 56,18%! Ciò dipende dal fatto che è stato introdotto un nuovo bonus (con percentuali decrescenti: 7,1 -5,3 – 4,8) fino a 20mila euro di reddito con lo scopo di sostituire la precedente fiscalizzazione delle detrazioni per i lavoratori.

Il bonus affianca il cosiddetto bonus Renzi, rimasto invariato, compresa l’assurda clausola per cui fino a 8.173 euro esso non si applica, mentre a 8.175 scatta integralmente. È inoltre cambiata anche la struttura delle detrazioni, introducendo una detrazione di mille euro costante fino a 32mila, e poi decrescente fino a 42mila, con lo scopo di riassorbire il gradino esistente a 35mila euro. Si rafforza così anche l’anomalia delle tre imposte in una, dimenticando che l’imposta sul reddito era nata, e trova la sua ragion d’essere, proprio per unificare i redditi dei contribuenti: un’unica imposta con gli stessi scaglioni, e le stesse aliquote per tutti, salvo una differenziazione nelle detrazioni per tener conto delle diverse tipologie di reddito, situazioni personali, ecc. Detrazioni che dovevano essere fisse in modo da non alterare le aliquote marginali.

La situazione attuale non è equa, ma soprattutto non è seria. Essa va superata. Ciò può essere fatto facendo ricorso alla determinazione delle aliquote utilizzando una funzione continua (a sostanziale parità di gettito e di incidenza personale) con due soli parametri: a) una percentuale (ad esempio, 45%) che costituisce il limite verso cui tende l’aliquota media all’infinito, e b) una cifra fissa che consente di ottenere l’andamento desiderato per la curva delle aliquote medie; oltre ad un terzo parametro, in cifra fissa, per introdurre una detrazione differenziata a seconda delle diverse tipologie di reddito. In questo modo le tre imposte verrebbero riunificate, a parità di gettito, e nel rispetto della visione distributiva del governo di turno.

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