Il dibattito politico sulla riforma del catasto è decisamente surreale. La destra (unita) si oppone alla modernizzazione di una importante infrastruttura del Paese per il rischio che essa possa essere usata in futuro per consentire una più equilibrata tassazione degli immobili, ben sapendo che i nuovi estimi, a parità di gettito, consentirebbero una riduzione del prelievo per la maggioranza dei proprietari, e quindi difendendo senza pudore gli interessi economici dei più abbienti. Al tempo stesso, viene rilanciata la flat tax, si propone di estendere il regime forfettario di estremo favore per i lavoratori autonomi (soprattutto per i professionisti), si ripropongono rottamazioni per le cartelle esattoriali, e si sostiene che i lavoratori indipendenti debbano beneficiare in via di principio di un regime fiscale più favorevole rispetto agli altri contribuenti, proseguendo sulla via della balcanizzazione e destrutturazione del sistema tributario italiano, e senza nessuna preoccupazione per le coperture necessarie, anzi, in alcuni casi sostenendo che questi interventi dovrebbero essere introdotti in disavanzo.
Si ignorano così i problemi che oggi consiglierebbero una incisiva riforma del sistema, primo fra tutti il fatto che i sistemi fiscali attualmente in vigore risentono della circostanza che essi furono costruiti nel secondo dopoguerra, quando i redditi di lavoro rappresentavano il 60-70% del reddito nazionale, e quindi un sistema di prelievo basato principalmente sulle imposte sui redditi e sui contributi sociali aveva una sua forte razionalità. Ora la situazione è molto diversa: i redditi di lavoro rappresentano percentuali inferiori al 50% del totale e quindi sarebbe opportuno ed urgente cambiare la composizione del prelievo. Come ci ricorda anche la Commissione europea, le alternative non sono molte e appaiono obbligate. Aumentare l’imposizione sui profitti societari, eliminando le possibilità di elusione fin troppo utilizzate, e sui redditi di capitale, aumentando o reintroducendo imposte a base patrimoniale, aumentando le imposte sui consumi, il che in Italia vuol dire soprattutto ridurre l’enorme evasione dell’Iva. In caso contrario, oltre a distorsioni economiche crescenti, incontreremo difficoltà anche esse crescenti a finanziare la spesa pubblica.
Stando così le cose, le proposte che vengono avanzate e ribadite con forza dalla maggioranza delle forze politiche (anche il M5S non brilla per rigore) appaiono irresponsabili, ed in grado di portare il Paese a un probabile default qualora dopo le prossime elezioni esse venissero effettivamente attuate. Il che significa semplicemente, piaccia o non piaccia, che non ci possiamo permettere il lusso di un Governo Savini-Meloni-Berlusconi tra circa un anno.
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