Intervenendo alla 100a edizione della giornata del risparmio, il presidente dell’Abi Antonio Patuelli si è accodato alla schiera di postulanti che chiedono riduzioni fiscali per i settori di loro interesse. Il risparmio è troppo tassato e quindi va all’estero invece di essere investito in Italia, ha detto Patuelli, incurante del fatto che qualsiasi lavoratore dipendente potrebbe dubitare che la somma di Irpef + contributi sociali che gravano sul suo salario sia inferiore al 26% + bollo che pagano alcuni (non tutti) i rendimenti finanziari. La questione è complessa: innanzitutto parlare di risparmio è fuorviante; più corretto sarebbe parlare di redditi di capitale, e allora si potrebbe notare che su di essi gravano molteplici aliquote cedolari (proporzionali), non di rado inferiori a quella minima dell’Irpef, che alterano il corretto funzionamento del mercato finanziario; che alcuni rendimenti sono esenti; che il trattamento preferenziale riservato ai titoli pubblici non è giustificabile da nessun punto di vista; che l’inflazione aumenta l’incidenza reale su alcuni rendimenti (depositi e reddito fisso), ma non su altri; che ai redditi dei lavoratori autonomi è stato assicurato un trattamento così favorevole da rendere non conveniente l’evasione, che è stata così di fatto legittimata; che l’intero sistema fiscale è ormai una giungla inestricabile di privilegi e vessazioni, ecc.
In questa situazione chiedere ulteriori sgravi e trattamenti di favore per un solo settore, invece di una riforma generale del sistema, appare poco serio e poco responsabile. Si è detto inoltre che gli italiani risparmiano di meno perché le tasse sono troppo alte. Correttamente, Mattarella ha ricordato che i salari cono così bassi che ogni possibilità di risparmio viene annichilita in partenza. Né bisognerebbe trascurare il fatto che, al di là delle tasse, i rendimenti che le banche assicurano al risparmio degli italiani sono così bassi da non difendere neppure il valere reale delle somme accantonate. Dovrebbe garantirlo il bilancio pubblico? Infine, negli stessi giornali che riportavano la notizia del convegno, si dava conto del fatto che Banca Intesa prevede, per il 2025, 9 miliardi di utili, e che si appresta a varare un’operazione di acquisto di azioni proprie che produrrebbe per gli azionisti guadagni in conto capitale non tassati, o poco tassati (se realizzati). Ma di cosa stiamo parlando?
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