Una riflessione sulle idee forza

Novembre 2017

Nell’aprire questo convegno, con il compito di illustrarlo, vorrei innanzi tutto dire qualcosa sulla sua genesi, a suo modo originale. E’ un’iniziativa nata in modo autogestito attraverso richiami in rete che sono poi confluiti in questa voglia congiunta di parlare di politica oltrepassando il dibattito corrente, effettivamente deludente.

Se prendo la parola io per due note di illustrazione è solo in quanto ho funto mio malgrado da coordinatore, insieme a Nello Preterossi, dei tanti che prenderanno parte a questo convegno. Tanti altri sono stati impossibilitati a contribuire e molti ancora sono coloro che avrebbero utilmente potuto contribuire se vi fosse stato più spazio.

L’iniziativa ha un impronta culturale discernibile in favore di una sinistra che non abdichi al terreno suo proprio di critica della società e della cultura dominante, che è il presupposto perché la porta sia sempre aperta alla ricerca dei correttivi democratici. Per come è nata non va intesa come interna a qualche nucleo specifico, piccolo o grande, della sinistra o perché qualche contendente del Congresso Pd se la ascriva, anche se l’insoddisfazione per un Congresso ridotto a un voto al gazebo è grande: si può parlare di politica in modo diverso. Nonostante le apparenze di una formula inconsueta che per la sua genesi non prevede interventi di leader politici e nessuna etichetta di centri tradizionali della sinistra, pur essendo tantissimi i partecipanti di oggi e domani che hanno dato un contributo di spicco ai vari think tank della sinistra in questi anni, non siamo qui, non per una discussione accademica tra intellettuali e studiosi. Non è rivolta alla denuncia, ma a produrre riflessioni utili per la politica. Fin qui per la genesi.

Per ciò che riguarda l’ispirazione, il Convegno parte dalla constatazione che la sinistra non ha più una decifrabile identità e cultura politica Ha smesso di essere elaboratrice di cultura, trovandosi disarmata rispetto alla narrazione del presente espressa dalla cultura egemone. Più che di identità occorrerebbe parlare di identificazione culturale. Non è neppure chiaro quale sia il suo ruolo storico e la missione che si dà all’interno delle evoluzione che subisce il capitalismo, che nelle società occidentali è artefice di un esteso mutamento della struttura sociale, della cultura antropologica diffusa, dei rapporti di potere, della natura della democrazia. E’ una evoluzione non recente, ma che assume un particolare rilievo in una fase in cui incombe una inafferrabile crisi economica e sociale.

Sarebbe sciocco pensare di dare qui una linea. Ho detto che questa è a una riflessione ad alta voce, problematica, sui nodi di passaggio per ricostruire i punti di orientamento, le categorie analitiche e idee forza (il titolo, non a caso fa riferimento alla Ricostruzione di una cultura politica); punti di orientamento che siano propri di una sinistra che vuole capire e fare i conti con il cambiamento e la trasformazione, con le nuove soggettività e vincoli di bilancio, ma che pur pensando al domani in questa prospettiva – non ha intenzione di abdicare alla sua storia migliore e di perdere la memoria di sé stessa. Non é un convegno di denuncia o di ricostruzione polemica ma volto alla proposizione costruttiva di idee e valutazioni.

La cultura di un partito ovviamente non è un prodotto intellettuale. Essa e’ un misto di vari ingredienti. Da un lato è espressa da quell’universo antropologico di percezioni, le sensibilità, le visioni del mondo, che accomuna dirigenti e delle masse di aderenti e simpatizzanti. Da un altro punto di vista, è espressa da un pensiero compiuto, introiettato (o consapevolmente elaborato), che arriva fino alle posizioni dottrinarie professate.

Ma sono, ancora, cultura di un partito anche quegli orientamenti che guidano la politica nel contingente e (attinenti soprattutto alla formazione dei dirigenti e alle loro prassi) plasmano la formae mentis, i linguaggi, valori e disvalori, con cui la politica viene praticata e trasmessa.

Ancora, un partito si definisce culturalmente anche per come concepisce la funzione intellettuale e cognitiva e per il rapporto che instaura con le competenze e i saperi.

Non c’è declinazione nella quale la ricostruzione non debba essere profonda, nella consapevolezza che senza il sostrato di una solida cultura è difficile definire il “chi siamo” e il “dove vogliamo andare” di un soggetto politico. Non c’è egemonia politica senza egemonia culturale. Né c’è identificazione politica senza una narrazione e senza la conquista di una soggettività che porti larghe fette della popolazione a percepirsi come soggetto della propria storia. La mancanza di un’ossatura di pensiero, sostituita, invece, da suggestioni e slogan, fa correre tutti i rischi di un empirismo oscillante, di un pragmatismo privo di direzioni, di perdita di autonomia, rischi che sono tutti nemici di una sinistra che si rispetti e che portano all’assenza di prestigio nelle società.

Quale ossatura di pensiero? Ognuno dirà la sua: io ritengo che vada trovata in quelli che sono stati i punti cardini di una cultura socialdemocratica, conscio che altri in questa sala non vorrebbero usare quel termine trovandolo riduttivo. Beninteso, quando lo uso penso ai lasciti irrinunciabili della sd, non alla sua realtà attuale, né ad esperienze irripetibili da riproporre nostalgicamente con occhi al passato e, soprattutto, con gli occhi della vulgata, che tende a descriverla come stato sociale e spesa in deficit. Non è questo. La sua essenza è nella consapevolezza che la società va governata, che i meccanismi, lasciati al mercato, producono instabilità, diseguaglianze e grave differenziazione di potere, che solo la politica può contrastare; che la società va costruita consapevolmente attraverso riforme e ingegnerie sociali che spostino potere e reddito e creino coesione e stabilizzazione; che a questo fine sia necessario contestualmente dotare i cittadini di strumenti politici e di partecipazione. E’ per me socialdemocratica, ancora, una visione che vede come fine dell’azione politica e della mobilitazione popolare l’obiettivo di spostare continuamente in avanti la frontiera della socialità da incorporare nel meccanismo capitalistico, provando a forzare qualche limite che un sistema di incentivi privatistici comporta. Quella forza è espressione di una concezione comunitaria e solidaristica della società, che anela a dare dignità a ciascuno.

Tutto ciò va inserito in vincoli oggettivi che sono più stringenti oggi di ieri, ma non devono diventare l’occasione per introdurre altri canoni di pensiero e visioni del mondo.

Quali che siano gli aggettivi che preferiamo, e forse qualche variazione di sostanza (non pretendo di stabilire la frontiera in cui si muove il Convegno), questo vuole esser un contributo rivolto a un soggetto politico che vorremmo fosse l’espressione di quell’apparato di pensiero e che aspiri informare l’humus culturale della società e a guidarla conseguentemente. Volenti o nolenti oggi siamo qui in veste politica.

Alcune precisazioni in chiusura: il Convegno è sulla cultura politica. Non chiedete ad esso ciò per cui non è programmato. Cioè: un’analisi della fase mondiale, della società italiana e una rassegna di idee di come affrontare concretamente la crisi e come uscirne. Se fossimo andati anche in questa direzione sarebbe divenuto un convegno “mostruoso” e ingestibile per quantità di temi. Questo non vuol dire che l’argomento non debba essere affrontato con un punto di vista nel pensiero critico, anche se non so ora in quali forme. Chissà se questa iniziativa non possa essere l’inizio di un coordinamento permanente e avere un seguito.

Altra precisazioni sono organizzative e contingenti. Un Convegno autorganizzato comporta alcune rinunce, ad esempio la cena sociale, che può spontaneamente aver luogo, se tutti ci ritroviamo in uno stesso ristorante. E’ previsto invece un buffet nell’intervallo, in modo da non disperderci. Tenere i tempi é essenziale per avere un dibattito.

Da ultimo, i ringraziamenti. Un ringraziamento particolare va a Sposetti, quale amministratore delle Fondazioni ex Ds, che con la sua passione e sensibilità politica ha reso possibile il Convegno. Ringrazio tutti gli intervenuti e quanti, ma in particolare Nadia Urbinati, che è venuta appositamente dagli Stati Uniti per aprirlo. Anche l’assistenza e i consigli che ci ha dato Reichlin, il grande vecchio della sinistra, hanno contribuito a renderlo più significativo dal punto di vista politico.

Qui trovate gli interventi del Convegno: Una riflessione sulle idee forza

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