Visco: Draghi, un cattolico sociale che viene dal mondo delle istituzioni finanziarie dove impera dagli anni '80 l'ortodossia liberista

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Febbraio 2021

Intervista di Roberto Petrini per Repubblica.it

 

Vincenzo Visco, economista, più volte ministro delle Finanze e del Tesoro nei passaggi fondamentali della storia della Repubblica degli ultimi trent’anni, conosce bene Mario Draghi. Si sono frequentati quando entrambi erano professori di economia e hanno lavorato insieme quando Visco era ministro e Draghi era alla direzione generale del Tesoro. Conoscitore della storia culturale della sinistra, dove ha sempre militato, Visco ci aiuta a comprende la vera natura del presidente incaricato.

Professor Visco, che tipo è Mario Draghi?

“E’ una persona con delle qualità notevoli, per molti aspetti eccezionali. Quello che è sorprendente è che dove lo metti diventa irrinunciabile, una dote quasi naturale. Riesce ad avere rapporti con tutti e convincere i suoi interlocutori. Lo ha dimostrato alla Bce con la Merkel. Non ho dubbi che riuscirà a convincere anche i partiti a sostenere il suo governo.

Ci si interroga, persino su Google, se Mario Draghi sia di destra o di sinistra. Lei lo ha frequentato fin dai tempi in cui eravate entrambi professori universitari: che giudizio si è fatto?

Sul fronte della politica direi che ha un atteggiamento piuttosto neutro, di sfiducia di fondo verso l’universo politico anche se forse è più aperto a sinistra. E’ una persona di cultura, ha avuto educazione cattolica ed è stato allievo di Caffè: ha dunque ereditato una apertura sociale. Certo se sentivi parlare Ciampi ti accorgevi subito che aveva una cifra azionista, Draghi è diverso: lo definirei un cattolico sociale.

A proposito di Ciampi: il confronto tra le due esperienze è oggetto di dibattito. Cosa c’è in comune e cosa c’è di diverso?

I due episodi non sono confrontabili. Il governo Ciampi veniva dopo il collasso economico finanziario provocato dalle follie dei governi del Caf negli Anni Ottanta e aveva una spinta innovativa: per la prima volta cattolici e post comunisti tentavano di governare insieme. Oggi la situazione è completamente diversa: il governo Conte non aveva fatto male, era ben visto in Europa e l’opinione pubblica era favorevole, il Recovery Plan stava arrivando a destinazione, e anche a livello economico i risultati non possono essere considerati negativi . Questo governo invece nasce da un colpo di palazzo con una situazione politica completamente diversa, il che creerà qualche difficoltà. Devo dire che in una situazione come questa Draghi è l’uomo giusto.

Contesto diverso, d’accordo. Ma sul piano culturale? Ciampi e Draghi sono due banchieri centrali. Questo li accomuna?

A parte il mestiere, Ciampi era politico e azionista, un liberale di sinistra favorevole all’incontro tra cattolici e comunisti. Draghi invece ha tutt’altra origine culturale: cattolico sociale, come le dicevo, anche se aperto a sinistra. Li accomuna il fatto che sono due servitori dello Stato, esperti di finanza, banchieri. Il resto è diverso.

Lei conosce Draghi dai tempi dell’insegnamento all’Università, ha accennato a Caffè, padre degli economisti keynesiani italiani. Come si può tratteggiare la formazione di Draghi?

La formazione di Draghi è quella di uno che ha studiato alla Sapienza di Roma con Caffè e poi al Mit con Modigliani: è dunque tendenzialmente keynesiana. Dopo di che lui è entrato nel mondo delle istituzioni finanziarie dove l’ortodossia in quegli anni, gli Ottanta, è mutata e da keynesiana è diventata liberista. Ma sicuramente sul piano economico Draghi non è un conservatore.

In questo dibattito destra-sinistra, alcuni a sinistra gli rimproverano le privatizzazioni dell’inizio degli Anni Novanta.

Non mi pare proprio che si possa parlare di una politica di destra. L’Italia aveva il 50 per cento di industria pubblica e l’80 delle banche. Se non volevamo soccombere dovevamo vendere qualcosa, lo fecero tutti in quel periodo. Senza contare che l’impresa pubblica era un centro di corruzione. Inoltre, quanto a destra e sinistra, allora di fronte all’ondata liberista alcuni leader della sinistra mondiale come Clinton e Blair giocarono anche la carta di una sinistra liberal-liberista proprio per evitare di soccombere di fronte all’onda lunga del thatcherismo.

Altro periodo che segna Draghi ed è oggetto di curiosità: l’esperienza di Francoforte. Alla Bce fu il “padre” del quantitative easing. Politica monetaria di che “colore”?  

Non è certamente una politica di destra è una misura pragmatica. Doveva gestire la moneta unica ed evitare che facesse una brutta fine. Magistrale fu la capacità di Draghi di convincere la Merkel e creare un clima di fiducia che gli permise di superare l’opposizione della Bundesbank.

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