L’art. 6 della legge delega di riforma per la revisione del sistema fiscale presentata dal Governo Draghi prevede “il graduale superamento dell’Irap”, e cioè la sua soppressione.
La delega presentata nelle scorse settimane dal governo Draghi contiene l'ipotesi del "superamento" dell'Irap, vale a dire la sua soppressione. Si tratta di una decisione discutibile, anche se l'Irap attuale è ben lontano da quella che fu introdotta con la riforma del 1996-97, e che era contenuta in una delle 11 deleghe in cui quella riforma si articolava, una riforma organica che era stata resa necessaria dopo che, passati oltre 20 anni dalla riforma del 1973, era necessario ovviare alle molteplici distorsioni, incongruenze, disparità di trattamento che si erano prodotte nel corso degli an
In tutti i Paesi ove esiste un Sistema Sanitario Nazionale i datori di lavoro, insieme ai loro dipendenti, contribuiscono al suo finanziamento in quanto il funzionamento delle strutture produttive dipende dalla salute e dalla buona forma fisica della forza lavoro impiegata.
In Italia, dove il Ssn è articolato per Regioni, il mondo datoriale contribuisce dall’anno d’imposta 1998 al suo finanziamento attraverso l’Imposta Regionale sulle Attività Produttive, Irap, che va ad alimentare, su base territoriale, le casse della Regione in cui l’attività produttiva si è svolta.
Le agevolazioni sulla prima casa, la cedolare secca sugli affitti, il bonus dei cento euro, flat tax per gli autonomi e il grande campo recintato delle esenzioni a favore degli agricoltori, dei costruttori, degli armatori dovrebbero essere rivisti al ribasso, sostituiti con trasferimenti finanziari quando ne venga riconosciuta la valenza economica o sociale, o eliminati del tutto. E’ la convinzione espressa nell'autorevole contributo alle scelte del governo e del parlamento che sta per essere presentato da un gruppo di studiosi del Cnel composto dagli esperti Massimo Baldini, Silvia Giannin
Secondo i principi costituzionali di equità verticale e orizzontale, ai quali si dovrebbe ispirare il meccanismo di finanziamento dell’Erario italiano, il prelievo fiscale a parità di capacità contributiva dovrebbe essere uguale per tutti. Ma il sistema sembra ormai una maionese impazzita e quelli “più uguali” degli altri si identificano ormai in interi macrosettori.
Entro la fine del mese di luglio il governo si è impegnato a presentare in Parlamento una legge delega sulla riforma fiscale. Si è deciso così di seguire una procedura diversa da quella inizialmente annunciata, e di acquisire (giustamente) la documentazione presentata da esperti nelle audizioni tenute presso le commissioni finanze congiunte di Camera e Senato. Al tempo stesso i partiti hanno propri documenti e proposte la cui lettura, salvo un paio di eccezioni, è un'esperienza fortemente deludente per la scarsa consapevolezza dei problemi che esse presentano. Può quindi essere utile ricord
Non c’è dubbio che il sistema fiscale italiano necessiterebbe di una riforma incisiva. Ma nel dibattito in corso non sembra vi sia la consapevolezza dei problemi reali da affrontare. Anche perché la ricerca della popolarità a tutti i costi impedisce di affrontare le questioni politicamente più delicate (eppure più utili al Paese). Si rischia così di perdere un’occasione storica per riformare il nostro sistema fiscale, per renderlo a un tempo più moderno e più giusto.
La sinistra, almeno in Italia, ma come si è visto nelle ultime settimane molto meno in America, è vittima e subalterna ad una cultura antitasse che ha prevalso in occidente negli ultimi decenni: le tasse si possono solo ridurre, mai aumentare e anche farle pagare (contrasto all'evasione) appare discutibile, anzi polticamente pericoloso. La questione tuttavia è semplice: bisogna finanziare la sanità, la previdenza, l'istruzione, l'assistenza, la disoccupazione, oltre alla difesa, alla giustizia, all'ordine pubblico. Come si fa? A debito o facendo pagare le tasse?
L’esordio dell’imposta nazionale sui colossi digitali, varata dopo molte esitazioni anche nel nostro paese, è stato assai deludente per l’erario. All’appuntamento del 16 marzo scorso con la nuova “web tax” tricolore si sono presentate 49 società, ma al Mef si aspettavano dal primo versamento un gettito intorno ai 700 milioni di euro: ne sono arrivati 233 nonostante un’aliquota al 3% applicata direttamente su alcune classi di ricavi.
La legge prevede che sono soggetti passivi dell'imposta coloro che nell’anno solare precedente:
di Vincenzo Visco
Tutti (o quasi) i sistemi fiscali evoluti prevedono un’imposta sulle successioni (e donazioni), cioè sui trasferimenti patrimoniali in caso di morte, o tra vivi (a fini antielusivi). In Italia, l’imposta è oggi particolarmente tenue: il 4% per i lasciti superiori a un milione di euro a favore di figli, genitori, nipoti, più il coniuge; 6% tra fratelli per patrimoni superiori a 100.000 euro; 6% per gli altri parenti, 8% negli altri casi. In molti altri Paesi, le aliquote (almeno quelle formali) risultano essere molto più elevate, e così il gettito.