Mentre i giganti del web agiscono indisturbati sui dati personali di tutti i cittadini arriva una delibera del Garante della privacy contro l'introduzione della fattura elettronica che si frappone all'applicazione di una legge dello Stato, taglia le gambe all’azione di contrasto all’evasione fiscale e crea un grave precedente di conflitto con il Parlamento che richiede un immediato intervento dei ministeri competenti.
Il parere negativo espresso dal Garante della privacy il 9 luglio scorso sullo schema di provvedimento relativo all’utilizzazione dei dati delle fatture elettroniche predisposto dall’Agenzia delle entrate è difficile da comprendere e comporta rilevanti conseguenze: da un lato frena gli effetti positivi che il processo di fatturazione elettronica stava iniziando a produrre in termini di semplificazione degli adempimenti e di potenziamento dell’azione di controllo da parte dell’amministrazione finanziaria; dall’altro costituisce un grave precedente perché, di fatto, rende inattuabile una norma approvata dal Parlamento (l’art. 14 del d.l. n. 124/2019).
A seguito di questa decisione del Garante, ad esempio, continuerà ad essere necessario per i contribuenti – sia in caso di richiesta di un rimborso che in caso di esecuzione di un controllo – produrre le copie delle fatture agli uffici dell’Agenzia delle entrate o ai reparti della Guardia di finanza, nonostante che gli originali di tali fatture siano già stati veicolati tra fornitore e cliente proprio dall’Amministrazione finanziaria. Non solo: in caso di indagini penali, gli organi di polizia giudiziaria non potranno disporre delle fatture originali che spesso possono rappresentare prove decisive per smascherare e bloccare sul nascere una frode ai danni dello Stato, non poche volte posta in essere dalla criminalità organizzata.
Appare indispensabile che un rinnovato e costruttivo confronto tra l’amministrazione finanziaria e l’Ufficio del garante consenta di superare prontamente l’impasse individuando, con spirito di leale e costruttiva collaborazione, la soluzione che consenta di dare attuazione alla norma varata con il decreto-legge n. 124 del 2019 e di non disperdere gli effetti positivi di una riforma della quale il Paese ha estremo bisogno.
In definitiva, si pretende di bloccare una riforma importante e innovativa, che ha puntato sulla digitalizzazione di un processo centrale per l’economia e la fiscalità come quello della fatturazione, e si depotenziano gli effetti virtuosi del nuovo sistema.
In un Paese come il nostro, dove i problemi dell’evasione e della complessità burocratica del fisco sono obiettivi primari da perseguire, è inaccettabile che non si possa conciliare – grazie alla tecnologia – l’utilizzo completo e immediato del patrimonio informativo acquisito e la tutela della riservatezza dei dati.
Mentre i giganti del web come Google, Amazon e Facebook gestiscono miliardi di dati personali senza alcun serio controllo, il Garante sembra concentrare le sue attenzioni sull’amministrazione fiscale, di fatto impedendole di utilizzare i dati delle fatture elettroniche o i dati dei conti correnti per le proprie finalità istituzionali di controllo e di servizio ai contribuenti, nell’interesse esclusivo del Paese.
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