L’articolo 77 della legge di bilancio 2018 attualmente all’esame del Senato, contenente disposizioni per il contrasto all’evasione fiscale, modifica i decreto legislativo n. 127/2015 rendendo obbligatorio l’utilizzo della fatturazione elettronica. L’obbligo scatterebbe per tutti i soggetti IVA dal 1° gennaio 2019, ma sarebbe anticipato al 1° luglio 2018 per i subappaltatori di aggiudicatari di contratti d’appalto pubblico e per le operazioni riguardanti carburanti per motori. Dopo due “flop” consecutivi su questo stesso argomento – il primo dovuto proprio al fallimento del regime opzionale di fatturazione elettronica previsto dal decreto legislativo n. 127/2015 e mai decollato, il secondo ai continui rinvii della scadenza per la comunicazione telematica dei dati delle fatture prevista dall’art. 4 del decreto legge n. 193/2016 (c.d. “nuovo spesometro”), cui l’Amministrazione finanziaria si è vista costretta dalla resistenza passiva e compatta di tutte le associazioni di categoria – il governo sembrerebbe aver quindi scelto la strada più difficile, anche se più efficace, dell’introduzione dell’obbligo di fatturazione elettronica.
Giova ricordare che l’obbligo di comunicazione per via telematica delle fatture fu per la prima volta proposto da NENS nel rapporto 2014 sull’evasione IVA (cfr. “Misure di contrasto all’evasione fiscale - Una proposta di riforma del regime IVA”), motivo per cui il provvedimento attualmente in discussione al Senato non può non trovarci d’accordo. Sussistono però almeno tre motivi di perplessità: il primo riguarda alla tempistica prevista, il secondo le stime di gettito contenute nella relazione tecnica, il terzo l’assenza di un provvedimento parallelo per chi non ha l’obbligo di emettere fatture.
La tempistica prevista
In questo caso la perplessità nasce dai tempi particolarmente stretti previsti per l’entrata in vigore dell’obbligo generalizzato di fatturazione elettronica. Per “fattura elettronica”, infatti, s’intende una fattura emessa, trasmessa e ricevuta in formato elettronico, che dovrà poi essere conservata nel medesimo formato sia da chi la emette sia da chi la riceve, in modo del tutto “sostitutivo” del documento cartaceo. Ciò implicherà, evidentemente, rilevanti adeguamenti organizzativi, gestionali e tecnologici da parte dei contribuenti IVA. In pratica:
chi emette la fattura dovrà disporre di un servizio di firma digitale in modo che siano garantite l’autenticità e l’integrità del documento;
l’emittente dovrà inoltre associare al documento digitale un riferimento che ne attesti data e ora di creazione, eventualmente ricorrendo a un servizio di marca temporale fornito da un’autorità certificata così da rendere il riferimento temporale opponibile a terzi;
sia l’emittente che il destinatario della fattura dovranno disporre di un servizio di “conservazione sostitutiva” affinché il documento digitalizzato mantenga una validità fiscale e legale e non sia pertanto necessaria la conservazione delle copie cartacee.
Se da una parte è indubbio che l’utilizzo della fatturazione elettronica produca nel tempo importanti vantaggi in termini di abbattimento dei costi di produzione, spedizione e archiviazione dei documenti nonché degli errori dovuti alla lavorazione manuale, è altresì chiaro che una sua applicazione generalizzata avrebbe un impatto rilevante sugli operatori economici in termini d’investimenti e di adeguamento dei processi amministrativi e contabili oggi adottati. Per di più sappiamo che nel nostro Paese le figure dell’imprenditore e del professionista si declinano in modo particolare, con una larga diffusione di soggetti di piccole dimensioni per i quali un provvedimento di questo tipo non potrebbe non tradursi in notevoli difficoltà. Si ritiene pertanto che una diffusione capillare della fatturazione elettronica richieda un arco di tempo pluriennale e possa realizzarsi solo in modo progressivo. Di conseguenza, un obbligo così stringente, come quello previsto dal disegno di legge, non potrà che incontrare, ancora una volta, e in questo caso a ragione, la resistenza dei contribuenti e delle categorie che li rappresentano. Il risultato più probabile sarebbe quindi un rinvio “ad libitum” dell’attuazione del provvedimento, accompagnato presumibilmente da una maggiore tolleranza nei confronti delle mancate comunicazioni dei dati delle fatture, oggi in teoria imposto dal c.d. “spesometro”, se non addirittura da una sua anticipata cancellazione.
Le previsioni di gettito
Secondo quanto riportato nella relazione tecnica di accompagno al disegno di legge, l’introduzione della fatturazione elettronica obbligatoria dovrebbe generare, tra IVA e imposte dirette, un incremento del gettito di 2,05 miliardi di euro. Davvero poco per un intervento di questa portata e di tale complessità attuativa, tanto che se le cose stessero davvero in questi termini si potrebbe addirittura discutere sull’opportunità del provvedimento. In realtà la stima delle possibili maggiori entrate contenuta nella relazione tecnica sembra trascurare alcuni rilevanti effetti indiretti che potranno scaturire dall’adozione della fatturazione elettronica.
E’ evidente, infatti, come l’intento del provvedimento sia quello di ridurre l’evasione intermedia, inducendo i contribuenti IVA a dichiarare spontaneamente la maggior parte delle fatture emesse per il timore di controlli da parte dell’Agenzia delle entrate, cui perverranno tutte le fatture elettroniche emesse attraverso il Sistema di interscambio (SID), sul quale per legge si appoggerà l’intero sistema. L’effetto della norma, però, non può considerarsi circoscritto alle imposte derivanti dalle operazioni intercorse tra contribuenti IVA, ma è destinato ad avere un impatto anche su quelle che scaturiscono dalle operazioni al consumo finale. In teoria, infatti, il timore di controlli incrociati sugli acquisti potrebbe spingere a dichiarare anche tutte le fatture ricevute, cosicché potrebbero emergere detrazioni che oggi vengono sacrificate allo scopo di mascherare l’omissione di una parte dei ricavi conseguiti sul mercato finale.
Se le cose andassero realmente nel modo descritto, visto che i dati delle dichiarazioni IVA mostrano in modo inequivocabile che gli acquisti non detratti sono maggiori delle cessioni interne omesse, l’emersione di fatture in precedenza non dichiarate finirebbe per determinare una perdita di gettito per lo Stato, anziché un aumento. Tuttavia è molto probabile che chi oggi evade continuerebbe a considerare l’esposizione di un mark-up troppo basso un fattore di rischio per possibili controlli fiscali, per cui è ragionevole pensare che finirebbe per emergere anche una consistente quota di cessioni al consumo oggi non dichiarate, generando conseguentemente un aumento di gettito, che dovrebbe andare ben al di là delle previsioni fatte. In ogni caso, sarebbe opportuno che il provvedimento prevedesse in modo esplicito anche l’effettuazione di accertamenti induttivi basati proprio su valori anomali del mark-up.
L’aspettativa di un considerevole aumento del gettito è rafforzata dall’analoga esperienza vissuta dal Portogallo. Nel 2012, infatti, il governo portoghese ha introdotto un sistema di trasmissione telematica obbligatoria dei dati di tutte le operazioni rilevanti ai fini IVA realizzate da imprese e lavoratori autonomi. Anche se l’Amministrazione finanziaria portoghese ha battezzato “e-fatura” il portale web che agisce da snodo per questo adempimento, la riforma portoghese, come detto, non si basa su un vero processo di “fatturazione elettronica”, ma piuttosto sull’obbligo di trasmissione telematica di alcuni dati, in analogia a quanto previsto dal nostro “spesometro”. L’obbligo di comunicazione è stato esteso gradualmente fino ad andare a regime nel corso del 2015. Nei primi due anni, dal 2012 al 2014, è stato registrato un aumento costante del gettito IVA, con un incremento annuo medio del 7,9%. Secondo i dati pubblicati dall’osservatorio sulla fiscalità internazionale del Dipartimento delle finanze, nel primo trimestre del 2015 il tasso di variazione tendenziale del gettito IVA portoghese risultava essere pari al 10,7% rispetto all’analogo periodo del 2014, nonostante la proiezione fatta si riferisse a un periodo ancora non del tutto a regime e un PIL in ribasso.
Questo risultato, rapportato alle dimensioni economiche della realtà italiana, equivarrebbe a un aumento delle entrate di oltre 11 mld di euro sul solo versante IVA. Tenuto conto che la base imponibile dell’IVA è imponibile anche per le imposte sui redditi e l’IRAP, si può quindi ritenere che l’esito rilevato in Portogallo per l’Italia potrebbe significare un recupero complessivo di gettito pari a circa 30 mld di euro. Pur considerando la possibile incidenza di fattori che differenziano la realtà dei due paesi (tasso di evasione preesistente al provvedimento, situazione economica generale), si tratta, come si può vedere, di un ordine di grandezza significativamente diverso dai 2 mld previsti dal governo.
L’esclusione degli scontrini e delle ricevute fiscali
Il disegno di legge predisposto dal Ministero dell’economia e delle finanze, intervenendo esclusivamente sull’art. 1 del decreto legislativo n. 127/2015, relativo alle fatture, e non sull’art. 2, riguardante invece i soggetti esentati dall’obbligo di fatturazione, tiene di fatto fuori dal nuovo regime scontrini e ricevute fiscali. Per tali soggetti, infatti, l’art. 2 del decreto prevedeva, e quindi prevede ancora, esclusivamente la possibilità di optare per la comunicazione per via telematica all'Agenzia delle entrate dei dati dei corrispettivi giornalieri, mediante l’utilizzo di registratori di cassa di nuova tecnologia in grado di garantire la memorizzazione, l'inalterabilità, la sicurezza dei dati trasmessi.
Da questo punto di vista, quindi, l’impianto del provvedimento appare carente rispetto all’originaria proposta NENS, perché implicherebbe la rinuncia a qualsiasi tipo di controllo diretto sull’evasione al consumo finale. Sarebbe pertanto fondamentale che si affiancasse all’obbligo di fatturazione elettronica anche quello di comunicazione telematica dei dati relativi a scontrini e ricevute fiscali, avviando nel contempo un programma graduale di sostituzione degli attuali registratori di cassa con registratori elettronici collegati in rete con l’Agenzia delle entrate.
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